[La privacy policy di Halloween, orrori giuridici e del perchè le policy è opportuno farle scrivere a chi “è del mestiere” (cit.)].

Social network, post sponsorizzato, offerta di un contenuto gratuito da scaricare, richiesta di dati.

Fino a questo punto niente di strano.

Poi, una casella per la famigerata privacy policy con questa dicitura “letta e compresa la Privacy policy, acconsento al trattamento dei miei dati per finalità di marketing” seguita da un asterisco che precisa che si tratta di un’autorizzazione obbligatoria.

Il consenso (al trattamento dei dati per finalità di marketing) obbligatorio, con buona pace del GDPR.

Penso, allora, che nella già menzionata privacy policy sarà sicuramente spiegato qualche arcano meccanismo, a me sconosciuto, per il quale il consenso deve essere obbligatorio.

Cliccando sul link si viene indirizzati alla privacy policy del sito la quale, essendo stata scritta per il sito, si occupa, giustamente, dei trattamenti del sito.

Inutile sottolineare che non è stato inserito alcun riferimento a contenuti gratuiti sponsorizzati su qualche social network.

Andando a leggere, però, si trova un paragrafo dedicato alle basi giuridiche nel quale si specifica che i “trattamenti eseguiti per la finalità di marketing descritta alla sezione xx si basa sul rilascio del tuo consenso ai sensi dell’art. 6(1)(a) del Regolamento (“[…] l’interessato ha espresso il consenso al trattamento dei propri dati personali per una o più specifiche finalità”). Il conferimento dei tuoi Dati Personali per questa finalità è quindi del tutto facoltativo e non pregiudica la fruizione dei servizi”.

Quindi, abbiamo due diverse tipologie di consenso per la finalità di marketing: sul social è obbligatorio e sul sito, al contrario, è facoltativo.

Va bene che siamo ad Halloween, ma così mi pare un po’ troppo.

Fosse uno dei mei studenti…no, i miei studenti questi obbrobri giuridici non li pensano, le basi del GDPR, loro, le sanno.